venerdì 22 febbraio 2013

Il coraggio di metter al mondo dei figli in questa Italia

Sono precaria.
Laureata a pieni voti, in corso, dopo la laurea corsi di perfezionamento e master. Lavoro da tredici anni nel sociale senza risparmiarmi mai. Neanche di fronte ad un banco che, ieri, un adolescente in grandi difficoltà ha scaraventato addosso al compagno che lo aveva provocato e a me, incinta.

Da quest'anno, il mio stipendio, dopo esser già diminuito considerevolmente negli ultimi due anni, diminuirà ancora di un altro ventun percento. Meraviglie della Partita Iva introdotta dalla cara Fornero che dà una mano a coloro che non hanno mai lavorato prima chiedendo solo un 5% di sostituto di imposta ma penalizza fortemente chi come me, quel lavoro l'ha sempre fatto, e non può più farlo con un contratto da co.co.pro.



E io sto per metter al mondo un figlio.
E questo un po' mi spaventa. Mi spaventano tutti i sacrifici che dovrò fare per crescerlo ma forse ancor di più il dubbio di come farò economicamente. Mio marito che lavora nell'artigianato da tanto tempo ha uno stipendio minimo, sommato al mio non andiamo molto lontano.

35enni laureati con esperienza che non arrivano a fine mese.

La mia commercialista mi ha detto che devo considerarmi fortunata perché io almeno un lavoro ce l'ho. E forse, anche se l'ho odiata profondamente quando me lo ha detto, ha un po' ragione. Di persone nelle mie condizioni, in questa bella Italia che vive oggi il suo ultimo giorno di campagna elettorale, ce ne sono tante. Leggo tanti blog e commenti di persone scoraggiate che parlano di andare via. Pensano di emigrare per dare un futuro ai propri figli. Di speranza qui ne è rimasta davvero poca. Prima mi sentivo sola e sfortunata, oggi capisco che siamo in tanti a non poter più permetterci la vita che facevamo prima.

E nonostante questo noi ad agosto diventiamo tre. Diventiamo tre perché per come ci amiamo non potevamo che metter al mondo un piccolo noi in miniatura. Di come, questo piccolo noi, farà ad andare alla scuola materna, all'università, o di come farà a comprarsi i vestiti che vorrà e di cui avrà bisogno se me lo chiedo, non trovo risposta.

Ma oggi non voglio far vincere gli ormoni che mi portano a demoralizzarmi. Mi metto lì e butto giù tutte le cose che so fare e che vorrei fare, riesumo l'autostima, penso alle mie capacità e risorse, mi rimbocco le maniche e mi invento qualcosa perché io voglio, per me, per noi, per lui che è nella pancia, un futuro migliore di questo che oggi mi sembra senza speranze.

lunedì 18 febbraio 2013

Mamma che forza!

Oggi mi sento fortissima.
Bella stagna sulle mie gambe.
Della frustrazione dei giorni scorsi nemmeno più l'ombra.
Oggi penso che posso spaccare il mondo.
La mia strada pian piano si sta costellando di persone interessanti che gravitano intorno a questo mondo, ostetriche, insegnanti di yoga pre-parto, mamme che mi aiutano ad entrare sempre più in questa nuova dimensione della gravidanza, del parto e della maternità.



Ho conosciuto un'altra blogger che come me crede nelle alternative e nel fatto che ognuno di alternative ha le sue.
Andatevela a leggere, a me sta già simpatica Abbiamo sempre delle alternative

martedì 12 febbraio 2013

Partorire in casa oggi si può

Una settimana fa abbiamo conosciuto Irene la nostra ostetrica.
Perché io, se tutto va come deve andare, voglio partorire a casa mia.
Ad aiutarmi, oltre a Luca, ci saranno due ostetriche, di cui una appunto è Irene.
Che starà lì in disparte ma attiva a vigilare che vada tutto bene e permettermi di fare ciò che le donne sanno fare da sempre, partorire.

In Italia la percentuale di parti in casa è ancora bassissima.
Più che altro per ignoranza.
Si pensa che partorire in casa sia ancora pericoloso come ai tempi delle nostre nonne.
Ben che vada la frase più comune che mi sono sentita dire è: "è così bello partorire in ospedale, ci sono quei due/tre giorni di riposo in cui del bambino se ne occupano le infermiere"
Come se chi partorisse in casa venisse automaticamente abbandonata a se stessa.
Sola con la S maiuscola innanzi a sto esserino.
E capite bene che una se la dà a gambe levate.

E invece non è così. Perché le ostetriche che ti aiutano nel parto ti seguono anche nei giorni successivi per l'allattamento e il ritmo sonno/veglia.
Possono partorire in casa solo le donne che stanno bene, hanno una gravidanza naturale senza nessun tipo di complicazione (ad esempio diabete della gestante o bimbo podalico) e che abitano a meno di trenta minuti dall'ospedale più vicino.

Su 100 donne che decidono di partorire in casa solo 60 ce la fanno perché hanno le caratteristiche adatte.
E a Reggio Emilia, città avanzata del Nord Italia, ogni anno sono circa 10 le donne che decidono di farlo.
Una minoranza che dire sparuta è un eufemismo.

Per dovere di cronaca proprio perché chi decide di partorire in casa è seguito da subito da due ostetriche con valori tenuti rigorosamente sotto controllo normalmente i parti in casa hanno molte meno complicazioni nel parto che quelli in ospedale.

Ho voglia di rivedere Irene che è entrata nella nostra vita sorridente e in punta di piedi e ne fa già parte.

Sul parto in casa esiste un bellissimo libro che vi consiglio di leggere Elisabetta Malvagna: Il parto in casa

lunedì 11 febbraio 2013

Un'irresistibile voglia di andare via

Oggi va cosi.
Certo la mia vita sta cambiando e cambierà sicuramente in meno di sei mesi.
Nascerà un bimbo che avrà bisogno di cura e attenzioni.
Tutto passerà in secondo piano. Anche io. Anche il Lui che c'è già.
Però se c'è una cosa che non voglio è caricare il piccolo in arrivo di tutte le mie speranze e aspettative sull'aria nuova di cui la mia vita ha bisogno.
Non voglio che nasca già pieno di aspettative di una mamma frustata che qui non sta più bene.
Non mi sembra giusto. Non è giusto.
Io voglio farlo nascere in un bel posto. Un luogo che lo faccia stare bene, che gli insegni delle cose, che gli dia speranze.

E l'Italia secondo me non è più il Paese adatto.
Sono precaria da una vita, da quando ho finito l'Università. Prima co.co.pro, ora partita iva.
Non che il posto fisso faccia per me ma anche tutta questa scarsità di prospettive non lo fa.
Un lavoro che dopo tredici anni di esperienza oggi c'è e domani forse non più.
Il perché è presto detto, lavoro nel sociale, uno dei settori più bistrattati di questa nostra bella Italia in decadenza.
E nemmeno le imminenti elezioni mi fanno ben sperare.
Assolutamente.
E allora io questo figlio lo vorrei crescere al caldo, nella natura, con un papà e una mamma che non gli gridano: "dai" alla mattina appena sveglio, con un papà ed una mamma che non vede solo due ore la sera e due giorni nel weekend ma coi quali passa del tempo, con una mamma che non aspetta lui per sentirsi realizzata ma che è già realizzata di per se.
E allora io ho un sogno.
Che cresce dentro di me e vorrei che anche lui, questo sogno, vedesse la luce.
Come il mio bimbo.
E intanto continuiamo a navigare.

domenica 10 febbraio 2013

L'importanza di telefonare alle amiche

Oggi ho chiamato un'amica.
Una cara amica.
E meno male che l'ho fatto.
A me gli ormoni della gravidanza mi danno un gran da fare. Una tempesta impetuosa che mi porta frenesia, paure irrazionali e una gran voglia, atavica di litigare con lui, mio marito.

Quindi, visto che siamo sempre stati una bella coppia e non mi sembra il caso di mandare tutto a quel paese per due ormoni che si divertono a ballare il tip tap dentro di me, oggi ho telefonato ad un'amica.
E giuro continuerò a farlo.
Perchè lei c'è già passata, perchè lei non mi deve sopportare 24 ore su 24 con la stessa tiritera e perchè lei è lei.
Grazie Chiara ti voglio bene, Grazie che fai da marinaio a questa barca travagliata nel mio mare ormonale.